Piacere Ombretta. Anzi, Ombra.
di Cristina Perillo | Area 51 - MacGuffin n. 28
“Si dice che alcuni vecchi maestri Zen abbiano fatto tanto lavoro sulla loro Ombra che possono comportarsi in modo avido sotto i tuoi occhi e mettersi a ridere. Mostrando l’avidità direttamente, alla luce del giorno, in qualche modo la sottraggono al mondo dell’Ombra e la portano nella sfera del gioco.”
(Robert Bly)
Fin da bambini veniamo sollecitati a coltivare i nostri lati luminosi e a negari quelli bui. Qualche esempio:
- Uh, che bravo! Tutta a memoria! -, ci sentiamo lodare al suono della prima filastrocca imparata e ripetuta sapientemente parola per parola all’età di 3 anni, quando ancora non ne capiamo neppure il senso. Ma se non ricordiamo qualche passaggio, tale è l’aspettativa di cui veniamo caricati, che ce ne vergogniamo. Anche se, a tempo debito, avevamo fatto alcune domande con la sana dinamica che per imparare e fare nostra qualcosa dobbiamo anche capirla, sentirla e accettarla.
- Non essere cattivo, smettila di battere i piedi per terra e i pugni in aria e vai a fare pipì! -, con il possibile sottinteso “anche se non ti scappa”.
- Non piangere, che è da bimbi piccoli! Calmati, smetti di agitarti. Non fa paura. Fai il bimbo grande -. Perché essere grandi significa non avere paura, impariamo dopo una dozzina di volte che questa altra verità ci viene inculcata. Io, oggi, da grande, non solo ho paura e paure, ma conosco pure un discreto numero di altri adulti che ne hanno. Che mi abbiano ingannata da piccola?
- Smettila di volere tutto per te e condividi i tuoi giochi -. Sentiamo tessere le lodi della nostra generosità quando condividiamo i nostri giochi, ma guai ad ammettere di volere essere avidi anche solo per un’ora. Immediatamente capiamo che anche questa è qualcosa di cui vergognarci, da non fare, da nascondere.
Ma dove vanno a finire tutte le emozioni, tutti gli istinti, le pulsioni nascosti? Dove va a finire l’Ombra negata?