Quando Dante fa primavera (come le rondini)
di Valentina Romano | Maledetta primavera - MacGuffin n. 27
Arriva la primavera, arrivano le rondini, arriva il 25 marzo, arriva il Dantedì: perché pare che proprio il 25 marzo del 1300 Dante abbia iniziato il suo viaggio nel mondo ultraterreno, della durata di una settimana.
Il 2021 è stato l’anno di Dante: si sono infatti celebrati i settecento anni dalla morte del “Sommo”. Tale ricorrenza, che dal 2020 ha portato all'istituzione della festa nazionale dedicata al poeta fiorentino, ha prodotto svariati eventi - conferenze, letture, mostre, saggi, spettacoli - che io stessa, che pure Dante lo amo, mi sono chiesta se non si stesse un po’ esagerando.
Perché passi la maratona di tre giorni a leggere in staffetta tutti i 14233 versi della Commedia, organizzata un po’ ovunque (non a Como, però: e che peccato), ma qui si è andati ben oltre.
Fateci caso: Dante è ovunque ti giri.
Il naso di Dante è ovunque ti giri, sempre più aquilino e sempre più imponente.
Fatti non foste a viver come bruti è ovunque ti giri, peccato che anche i bruti siano dappertutto.
Mi aveva colpito, qualche anno fa, uno spot per un carta igienica multistrato, su cui Dante finiva di scrivere la sua Commedia. E andando a ritroso negli anni, ma sempre restando in tema, ”Io son Beatrice che ti faccio andare” (dal canto II dell’Inferno), diceva una vecchia pubblicità della Magnesia San Pellegrino, copiando dal poeta. Ti faccio andare in bagno, probabilmente, date le note proprietà lassative del prodotto.
Erano, questi, casi isolati; ma con l’istituzione recente del Dantedì, la situazione appare oggi fuori controllo e ora vi spiego perché.
Intanto su Google ho trovato un gran numero di ricette di cibi danteschi, dal pane di Dante all’uovo di Dante alla zuppa dantesca. Poi scopro che una distilleria piemontese si è inventata il Vermouth Inferno con cui ci si può fare il Dante Spritz (in edizione limitata da 6666 bottiglie, sappiate). Leggo poi che a Perugia hanno brevettato la Torta Dantedì, ovviamente con triplice strato di cioccolato di triplice gusto e triplice consistenza, come i tre regni ultraterreni descritti nelle tre cantiche. E sempre per i golosi, una maitre chocolatier dell’isola d’Elba ha dato vita alla collezione di praline Infernum, una limited edition di 700 scatole numerate con cui racconta la discesa agli inferi attraverso 9 praline, una per ogni cerchio, tra note esotiche e sapori del territorio. M’imbatto anche in un calzaturificio bergamasco che si è messo a produrre calze da uomo in finissimo cotone egiziano con stampato il primo canto della Divina Commedia alla modica cifra di 26€. La maison Valentino, con alcuni celebri versi di Dante, ci ha fatto borse e cinture e sneakers, tutte rosse fuoco. Se ami scrivere a mano, un prestigioso atelier ti propone, per 4.700 €, La Dante Alighieri penna stilografica, che monta un pennino in oro 18kt ed è impreziosita da incisioni raffiguranti scene della Commedia. Ultimo (ma non ultimo, perché l’elenco potrebbe essere infinito), lui, Salvatore Ferragamo, ha lanciato il profumo Touscan soul / La commedia, di cui non resisto - chiedo infinitamente scusa ai miei lettori - a copincollare le caratteristiche: nella Divina Commedia la freschezza dell’arancio amaro incontra in un’apertura le note piccanti del cardamomo. Nel provocante divampare delle spezie la tentazione della noce moscata avvolge la sensualità del pimento. Una certa misticità viene dal legno di gaiac affumicato e dalle note di vetiver.
Credo che Francesca se ne fosse spruzzata un bel po’, visto com’è andata a finire.
Ecco, questo e altro mi ha fatto capire che il “Sommo” è diventato un gigantesco macguffin per un altro e meno divino scopo: vendere un prodotto, per pochi e costosissimo, che ti rende più figo. L’associazione con Dante è garanzia che quel prodotto è unico, geniale, straordinario: proprio come Dante. Sarai figo come lui con quel profumo, con quella cintura, con quella penna nel taschino e quella scatola di cioccolatini che porta il suo nome.
Ma l’associazione serve anche a costruire un’emozione: quella che abbiamo provato noi leggendo certi versi, o meglio quella che ci riporta indietro nel tempo, a quando eravamo giovani e sedicenni e studiavamo Dante a scuola. Ci viene venduta l’emozione di ritornare al Liceo, agli anni spensierati di chi ha tutta la vita davanti: e oggettivamente chi di noi, ripensando a quei tempi, pur con tutta la fatica che ha fatto e le lacrime il sudore e il sangue versati, non ricorda con struggente malinconia quell’età meravigliosa e non vorrebbe ritornare tra i banchi di scuola, non perché si studiasse Dante, ma nonostante si studiasse Dante? E infatti questi prodotti - il Vermouth, le praline al cioccolato, la cintura griffata, la stilografica - non si rivolgono certo ai giovanissimi che Dante se lo stanno studiando ora a scuola (proponi a un mio alunno di scambiare le sue Nike consunte con le sneakers dantesche di Valentino e vedi un po’ che cosa ti dice); ma fanno l’occhiolino ad una fascia di consumatori adulti, di cultura media, un po’ radical-chic e con una certa disponibilità economica.
Un po’ mi dispiace per Dante, che tanto lottò contro il consumismo della sua epoca e che tanto biasimò il lusso e l’accumulo di ricchezze da parte dei contemporanei. Certo mai si sarebbe aspettato di diventare “oggetto” di consumo e neppure che i suoi versi in qualche modo venissero strumentalizzati per scopi differenti da quelli che il poeta si proponeva, scopi certo molto terreni e molto poco spirituali.
La strumentalizzazione di Dante non ha risparmiato neanche il mondo accademico.
Un (triste) esempio ci viene dal Politecnico di Bari, fondato nel 1990, a carattere scientifico e tecnologico. Non me ne vogliano coloro che lì si son laureati per quanto sto per dire. Il motto dell’ateneo che campeggia all’entrata, de' remi facemmo ali, è tratto dal verso dantesco contenuto nel XXVI canto dell’Inferno. L’intento, senz’altro nobile, era quello di evocare negli studenti la figura di Ulisse e il suo anelito alla virtù e alla conoscenza, così da trasformare i loro “remi”, cioè i loro strumenti terreni, in “ali” del sapere. Peccato che sia stata superficialmente omessa la seconda parte di quel verso, che letto per intero sarebbe de’ remi facemmo ali al folle volo: manca cioè il pezzo fondamentale in cui Dante spiega che il volo di Ulisse, per i limiti suoi di uomo, e di uomo pagano, non sostenuto dalla Grazia divina, era folle e quindi destinato al fallimento. Che non è proprio una dimenticanza da nulla. Com’è noto, infatti, il viaggio che Dante immagina per Ulisse si conclude tragicamente, con lui che sprofonda nel mare insieme ai suoi compagni perché dalla montagna del Purgatorio - che l’eroe non avrebbe dovuto vedere - si scatena una tempesta violentissima che causa la morte sua e di tutto l’equipaggio.
Mi chiedo chi sia la mente geniale che ha avuto l’ideona di prendere un verso di Dante e tagliarlo a metà per il motto dell’ateneo. Mi chiedo anche se quegli stilisti famosi e quei maitres chocolatier abbiano mai letto una terzina di Dante. Mi chiedo pure se quello che si infila la calza dantesca da 26€ sappia che cosa rappresenti la selva oscura.
Io ho la fortuna di leggere Dante in classe, e dal libro, non su una calza. Senza Lim o video o canzoni o effetti speciali, perché Dante è bello così. Non è facile leggerlo, anzi è difficile. La lingua è ostica, la mentalità lontana anni luce da noi. Funziona che leggo, spiego, parafraso, commento; e i miei sedicenni - tutta la vita davanti, noi trent’anni fa - prendono appunti, ci sbattono la testa, se lo rileggono, se lo ripetono, se lo studiano, anche a memoria (perché io sono di quelli che viva Dante a memoria!). Un po’ perché devono farlo, certo, visto che poi li interrogo; un po’ perché, anche se a volte brontolano, credo gli stia piacendo.
Recentemente ho dato ai miei alunni un compito dal titolo S'i fossi Dante, nel quale chiedevo di immaginare nuove categorie di peccatori del mondo contemporaneo. Se fossero Dante, chi inserirebbero oggi nell’Inferno?
A leggere le risposte mi sono fatta tantissime risate. Si sono inventati il girone degli spoileratori, quello degli evasori fiscali (con tanto di nome: il presidente della Samp), dei no-vax e dei complottisti, dei negazionisti climatici (bruciati e sciolti da un sole sempre più caldo), degli omofobi, dei bulli (una ha scritto proprio nome e cognome di un ex compagno delle medie), degli inquinatori dell’ambiente, e pure di quelli che sbagliano i congiuntivi (destinati ad essere picchiati dai diavoli a colpi di vocabolario).
Ma ce n’è uno. Il migliore: il girone dei ciclisti della domenica mattina.
Geniale il contrappasso: loro che in vita occuparono arrogantemente due corsie, sono costretti nell’Inferno a pedalare per l’eternità, con le ruote sgonfie, attraverso un corridoio strettissimo.
Credo che a Dante questa pena sarebbe piaciuta un sacco e che sia il mio alunno il più figo di tutti, perché Dante lo legge, e non lo ostenta.
E poi, quando scrive, usa la sua vecchia Bic tutta smangiucchiata.